The Void Paradox

Where the profound darkness and reality convergence

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Il Grande Nulla nel Boötes

Cari amici, benvenuti. Oggi vi porterò in un viaggio affascinante attraverso le vastità del nostro Universo, esplorando uno dei suoi misteri più intriganti: il Boötes Void, noto anche come “the Great Nothing”.

Immaginate un’immensa area nello spazio, vasta ben 330 milioni di anni luce, ma contenente pochissime galassie. Per darvi un’idea di quanto sia enorme, considerate che un anno luce è la distanza che la luce percorre in un anno, ovvero circa 9.461 miliardi di chilometri. Se potessimo viaggiare alla velocità della luce, impiegheremmo 330 milioni di anni per attraversare questo vuoto. È come se mettessimo in fila 22 milioni di volte la distanza tra la Terra e il Sole (150 milioni di chilometri), oppure immaginate di miniaturizzare il nostro Sistema Solare delle dimensioni di una moneta da un euro allora in proporzione l’intero Vuoto del Boötes sarebbe grande quanto l’intera Europa.

Mappa del Bootes Void – Credits: Powell, Richard. Atlas of the Universe 

Questo vuoto colossale è uno dei più grandi mai scoperti e rappresenta uno dei fenomeni più affascinanti del cosmo. Il Great Nothing, circondato dai superammassi dell’Orsa Maggiore, Shapley, Ercole, Corona Boreale e Boötes, contiene solo una sessantina di galassie, disposte in una regione di forma cilindrica che attraversa il centro del vuoto. In un’area di simili dimensioni, ci aspetteremmo di trovare almeno 2.000 galassie.

The Cosmic Web, distribuzione della materia su scala cosmica. Si sviluppa attraverso una rete complessa di filamenti, nodi e vuoti, ovvero regioni con una densità molto bassa di materia. – L’unità di misura Mpc/h (megaparsec) è utilizzata in cosmologia per esprimere distanze su scala cosmica. Credit Millenium Simulation Project

Creazione

Quando l’Universo si formò, la materia al suo interno era densamente compattata e relativamente uniforme. Tuttavia, fluttuazioni quantistiche causarono una leggera variazione nella densità della materia. Le aree più dense collassarono sotto la propria gravità, attirando materia dalle aree meno dense. Man mano che l’Universo si espandeva, queste aree dense si aggregarono formando galassie, che a loro volta si attrassero reciprocamente, creando una gigantesca rete di filamenti attraverso l’Universo. Questi filamenti e vuoti costituiscono le strutture più grandi dell’Universo conosciuto, formati da ammassi di galassie che convergono. I vuoti si formarono come spazi tra questi filamenti, simili a bolle in una schiuma. Le bolle più piccole si fusero formando vuoti più grandi. Insieme, vuoti e filamenti (come di seguito potremo vedere) dominano la struttura complessiva dell’Universo.

Simulazione al Supercomputer

L’immagine che segue e’ il risultato del progetto Millennium Run. Questo straordinario progetto ha utilizzato oltre 10 miliardi di particelle per tracciare l’evoluzione della distribuzione della materia in una regione cubica dell’Universo di oltre 2 miliardi di anni luce per lato. Immaginate l’immensità di questo compito!

Per realizzare questa impresa titanica, il principale supercomputer del Centro di Supercalcolo della Società Max Planck a Garching, in Germania, è stato impegnato per oltre un mese.

L’immagine mostra un campo di densità, I pannelli sovrapposti ingrandiscono le regioni di un fattore 4
Credit: Millenium Simulation Project – Max Planck Institute for Astrophysics Supercomputer

Gli scienziati del progetto Virgo hanno applicato tecniche di modellazione sofisticate ai 25 terabyte di dati memorizzati, riuscendo a ricreare le storie evolutive di circa 20 milioni di galassie che popolano questo immenso volume di spazio. Non solo, sono riusciti anche a modellare i buchi neri supermassicci che, occasionalmente, alimentano i quasar nei loro cuori. Utilizzando queste tecniche avanzate, gli scienziati sono stati in grado di simulare la formazione e l’evoluzione delle strutture cosmiche su scale temporali immense, permettendo loro di confrontare i dati simulati con grandi indagini osservative. Questo confronto consente di chiarire i processi fisici che sottendono la formazione e l’evoluzione delle galassie e dei buchi neri reali.

La Scoperta

Il Boötes Void fu scoperto nel 1981 dall’astronomo americano Robert Kirshner dell’Università del Michigan. Durante un sondaggio sui redshift delle galassie per creare una mappa tridimensionale dell’Universo, Kirshner e il suo team scoprirono una vasta regione vuota. La dimensione del vuoto e il fatto che contenga alcune galassie, seppur poche, escludono la possibilità che il Boötes Void sia un buco nero o una nebulosa oscura come Barnard 68. Studiando il Boötes Void e altre strutture simili, gli scienziati possono imparare di più sull’energia oscura che ha guidato la loro formazione durante l’espansione dell’Universo.

I vuoti sono anche luoghi ideali per studiare i neutrini, che viaggiano liberamente attraverso di essi. Si spera che missioni come il satellite Euclid possano confrontare i campioni di neutrini nei vuoti con le previsioni teoriche per misurare la somma delle masse di tutte le specie di neutrini.

Questa non e’ un immagine del Bootes Void come erroneamente online spesso viene dichiarato, ma la Dark Nebule Bernard 68 – Immagine Credit ESO

Cari amici, il viaggio di oggi ci ha svelato il misterioso Vuoto di Boötes, una delle meraviglie più affascinanti del nostro Universo. Esplorare questi immensi spazi vuoti ci aiuta a comprendere meglio l’intricata struttura del cosmo e le forze che lo modellano. Questo tema è in perfetta sintonia con il nostro blog, dedicato a esplorare e spiegare il vuoto che esiste non solo tra gli atomi e le particelle, ma anche nell’immensità dello spazio. Continuate a seguirci in questo viaggio di scoperta, mantenendo sempre viva la curiosità e lo stupore per le meraviglie che ci circondano.

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